A.C. 338-A ed abbinate
Dichiarazione di voto
Signor Presidente, onorevoli colleghi, con il provvedimento in esame la pesca torna al centro dell'azione politica del Parlamento e del Governo. È da 35 anni che non approdava in Aula una proposta di legge interamente dedicata al settore della pesca e dell'acquacoltura, salvo alcuni interventi parziali ed episodici. Anche se in questa legislatura non vi è stata una sola sessione di bilancio in cui siano mancate le risorse per sostenere l'occupazione del settore, per fronteggiare le principali calamità naturali, per garantire il cofinanziamento dei programmi di intervento comunitario, mancava però un provvedimento organico.
La filiera ittica, d'ora in poi, potrà contare su un nuovo strumento normativo per rilanciare l'economia e riannodare le fila di una narrazione che racconta la storia di antiche marinerie, di intere famiglie, di tantissimi pescatori del nostro Paese che, nonostante tutto, continuano a credere, investire e impegnarsi in questo affascinante mestiere. Un mestiere che ha bisogno di guardare avanti con fierezza, con coraggio, e che ha soprattutto bisogno di istituzioni che sappiano dare le giuste risposte ai bisogni e alle aspettative della gente di mare, non perdendo mai di vista né il contesto comunitario né il rapporto con i territori e le rappresentanze. Il risultato che abbiamo raggiunto è un lavoro organico e poliedrico, che, pur dovendo fare i conti con le scarse risorse finanziarie, ha cercato di risolvere le principali questioni con un approccio inclusivo e moderno.
Con il provvedimento in esame la pesca diviene protagonista e guarda al futuro in una prospettiva di lunga durata, non più figlia di un dio minore o addirittura di nessuno. Con il voto di oggi, tutta la filiera si riprende il meritato spazio politico, perché trattasi di un settore capace di generare reddito e occupazione, di fornire al consumatore un prodotto di altissima qualità, indispensabile per un'alimentazione sana ed equilibrata, basti pensare che in Italia sono 180.000 le imprese che operano nell'economia del mare, pari al 3 per cento del totale imprenditoriale nazionale, quasi il doppio del comparto del tessile o il triplo di quello del legno e della carta. Sono iniziative in cui trovano spazio anche i giovani e le donne, visto che una su dieci è guidata da under 35 e ben due su dieci da imprenditrici.
Il settore della filiera ittica è il secondo settore della blueeconomy per numero di imprenditori, e conta più di 33 mila imprese, pari al 18,2 del totale delle imprese dell'economia del mare. Dal punto di vista occupazionale, i quasi 800 mila lavoratori impiegati nel settore rappresentano il 3,3 per cento dell'occupazione complessiva del Paese. Per ogni euro prodotto dal settore, se ne attivano altri 1,9 nel resto dell'economia. Eppure i dati relativa alla pesca professionale ci parlano di un settore profondamente in crisi, che attende dalla politica un progetto ed un investimento importante. Nell'ultimo decennio la flotta da pesca si è pesantemente ridotta, passando dagli oltre 14 mila natanti alle poco più di 12 mila imbarcazioni, con una contrazione complessiva del 16,5 per cento. Negli anni Ottanta, all'epoca dell'ultimo organico intervento legislativo, le imbarcazioni da pesca erano quasi 20 mila e portavano a terra oltre 400 mila tonnellate all'anno di prodotti freschi; oggi si sbarca meno della metà del prodotto. I lavoratori sono poco più di 25 mila, dal 2000 si sono ridotti del 38 per cento. Sono stati persi migliaia di posti di lavoro: troppi lavoratori sono rimasti a casa, senza lavoro, sul lastrico!
I ricavi si sono contratti, negli ultimi dieci anni, del 31 per cento, con una crisi di redditività che ha raggiunto dimensioni estreme per il concomitante aumento dei costi di produzione. Un settore che tutti definiscono importante, strategico, significativo, ma che è stato osteggiato in Europa, trascurato in Italia, abbandonato da molte regioni. Si parla di pesca e si pensa alle troppe direttive, ai divieti assurdi cui sovente deve soccombere, agli obblighi spesso incomprensibili e allo squilibrio cui devono sottostare le nostre marinerie rispetto a quelle non soggette alla politica comune della pesca. Il Partito Democratico è consapevole della crisi che sta attraversando il settore ittico, una crisi che, come tutti dicono, è economica, ambientale e sociale. Ciò nonostante, noi siamo convinti che il mare è un asset importante del nostro Paese. Queste sono le ragioni che ci fanno sentire tutta la responsabilità nell'approvare subito e senza indugio questo provvedimento, sperando che lo stesso possa divenire legge entro la fine della legislatura. La proposta di legge che stiamo per approvare individua gli strumenti più idonei per valorizzare la specificità della nostra pesca e creare le condizioni per la modernizzazione del settore, puntando sulla multifunzionalità delle imprese ittiche.
Il testo prevede quattro deleghe al Governo: una per la riforma degli ammortizzatori sociali, una per il riordino della normativa in materia di concessioni demaniali e di licenza di pesca, una sulla semplificazione ed una sul riordino della pesca non professionale. Se è pur vero, come è stato sottolineato da alcuni colleghi di opposizione, che le stesse richiederanno tempi aggiuntivi per il completamento del progetto, sono convinto che materie molte complesse come quelle richiamate devono trovare una compiuta definizione attraverso la collaborazione con il Governo. Il testo interviene, inoltre, con disposizioni immediatamente operative, definendo i distretti di pesca, prevedendo le modalità di assegnazione degli incrementi annui delle quote di tonno rosso, definendo le modalità di partecipazione ai programmi da parte del mondo della cooperazione e dell'associazionismo e prevedendo l'esenzione dell'imposta di bollo. Nessuna altra tassa è stata prevista! Altro che chiacchiere, qui solo fatti abbiamo fatto! Il Governo sarà chiamato con decreto a definire le modalità di svolgimento dell'attività di pescaturismo e di ittiturismo. Viene riorganizzata la governance della pesca tramite la rinascita della commissione consultiva centrale. Viene infine rivisto il sistema sanzionatorio, che colpisce la pesca illegale e garantisce i pescatori onesti. Infatti, in relazione alle difficoltà manifestate dagli operatori, che hanno lamentato un'eccessiva afflittività delle sanzioni, è stata prevista una deduzione ed una rimodulazione delle stesse, senza in alcun modo intaccare l'impianto complessivo. Per quanto riguarda le sanzioni accessorie, viene previsto che la sospensione della licenza avvenga in caso di recidiva, alla quale può seguire la revoca in caso d'ulteriore successiva violazione.
In conclusione, questa proposta di legge intende ridefinire il modello organizzativo della pesca e dell'acquacoltura, ed ha l'ambizione di definire le priorità del sistema tenendo conto degli impatti sociali, economici ed ambientali. Siamo convinti di aver percorso una tappa importante e nella giusta direzione, quella di dare alla pesca un futuro di grandi opportunità e di renderla un settore realmente strategico, attraverso un giusto connubio tra politiche europee, nazionali e regionali. Il comparto ittico merita un grande progetto di rilancio, un intervento che guardi al futuro e che lo tolga dalle secche dell'immobilismo, un rilancio che non può prescindere dalla sostenibilità del lavoro e dei lavoratori, e che deve puntare su crescita, tutela dei redditi, sicurezza sul lavoro, ammortizzatori sociali stabili, modernizzazione e innovazione. Il PD è convinto che dalla pesca può scaturire una leva forte e significativa di sviluppo per la nostra economia. Noi ci crediamo, vi chiediamo di crederci tutti, perché questo è il futuro della pesca italiana e di tutto il comparto.